domenica 28 ottobre 2012

Le donne si amano a vent’anni




Sui margini degli argini di un torrente, le bambine camminano come lucertole.
Hanno imparato ad amare il sole, ad andare lente e capire i movimenti circostanti dai rumori che l’erba suona. Sanno riconoscere il fruscio del vento tra il rosmarino selvatico e la pancia della biscia  uscita dall’acqua, che struscia tra terra e cielo per preparare l’agguato.

Le bambine sanno che non si devono fermare. Se si fermano il mondo impazzirà di dolore.

Un giorno hanno visto un cipresso. Era alto e scuro come un generale nazista. Presenziava e non viveva. Non hanno avuto paura, ma pena nel guardarlo. Era spoglio nella parte bassa. Lo avevano ripulito dei rami irregolari della nascita per renderlo pennello perfetto per un paesaggio.
Un paesaggio distorto da un poeta impazzito.

E le lucertole continuano a camminare lente e vedono le pannocchie del mais diventare gialle. Le vedono mentre vengono colte, ma non sanno delle bocche che le ingurgiteranno né degli stomaci che le digeriranno. Le lucertole non sanno niente. Loro vedono i colori. Loro vedono le cose del mondo cambiare forma, dimensione e toni. Non sanno se le pannocchie marciranno in un fienile o in una pubblica piazza, non sanno se verrano trasformate in snack o olio per motori. 
Non sanno.

E’ per questo che le lucertole e le bambine non si devono fermare perché sennò il mondo impazzirebbe.

Una mattina, una lucertola bambina incontrò una lucertola bambino e il loro fu un incontro scontrato o uno scontro incontrato, perché entrambi avevano solo visto la metà precedente del loro camminare. Il margine dell’argine del torrente era lo stesso, ma c’è chi va dalla foce alla sorgente e chi dalla sorgente alla foce. Con allegria. Con spensieratezza, incoscienza.  C’è chi ci mette troppa coscienza.
Gli occhi che vedono sono i miei, i sensi acutizzati su stimoli diversi li sento io, non tu. C’è chi viene dal verde rigoglioso bagnato dei tramonti su acque aperte e va verso un’aridità di zolle frantumate e chi dalle zolle frantumate parte verso ridenti paesaggi immaginari, ma sempre più concreti via via che le zampe ti portano avanti.

Le lucertole, i bambini e le bambine non possono fermarsi. Se loro non vedono, nessuno vedrà e il mondo in un secondo impazzirà. E’ già successo. No?



A mezzogiorno le due lucertole che provavano a scansarsi e guadagnare il terreno preceduto dall’altro, compresero  che non avrebbero risolto niente: quel twist, quell’ attorcigliare di movimenti di gentilezza e sarcasmo non si dileguava e allora si baciarono. Si baciarono come si baciano gli adulti innamorati. Il tramonto arrivò in un soffio, l’alba in uno zefiro, poi fu di nuovo mezzogiorno e le lucertoline ancora si baciavano. Arrivo la tramontana di un altro tramonto e il levante di un’altra alba e loro erano ancora ferme nelle loro bocche che cercavano di capire perché due esseri viventi distinti erano divenuti un essere solo. Perché entrambe erano divenute solo bocca.
La pioggia un pomeriggio iniziò a cadere lieve e le scintille di luce impregnarono le squame dei loro corpi. 
I pensieri ovattati dal corpo si sprigionarono in parole.
Io voglio vedere la foce.
Io voglio vedere la sorgente.
Il vento le spostò e il cammino riprese . Era cambiata la grafia. La penna poggiava diversa sul foglio. Le effe erano più marcate, le a più arrotondate. I passi delle lucertole divennero più cauti. La paura più intrinseca, pregnante.
Un sole digrignante nella sua austerità portò sollievo al sangue freddo delle arterie, gli impedì di morire a pancia all’aria sul greto di un torrente divenuto rigagnolo.
I gatti miagolarono per mesi, le anatre starnazzarono solo di notte. Io e te già vivevamo vite divise.
Le lucertole camminavano.

Le lucertole, le bambine e i bambini non andrebbero mai fermati, questa terra imploderebbe.

Le due lucertoline che per due giorni si baciarono non si rincontrarono mai, ma entrambe videro la loro meta, foce o sorgente che fosse. Non la videro con gli occhi che la nascita gli aveva dato. Occhi individuali di individuo. 
La videro come un ritorno all’origine.

Se in questa favola c'è un senso o una morale, ebbene  non dobbiamo mai soffocare  le risa e le grida di chi non ha paura. Soprattutto se siamo noi.
Le donne si amano a vent’anni. 
Le lucertole per sempre.





Maruska Nesti
Img: Roberto Kusterle

lunedì 8 ottobre 2012

William Kentridge – Drawing for Projection




Sudafricano,  classe 1955, artista poliedrico che spazia da regista teatrale, filmmaker, disegnatore, pittore, scultore. Senz’altro può essere annoverato tra le figure di spicco della scena artistica contemporanea,  pur non avendo apportato nessuna novità stilistica con i suoi lavori, ma utilizzando e riunendo insieme diverse vecchie tecniche, come lo stop-motion e il disegno animato, rendono unica la sua opera, proprio perché diventano un’ottimo strumento che ci permette di esplorare la nostra memoria e la nostra storia.



Le immagini utilizzate da Kentridge, e tracciate con abili segni di carboncino, sono decisamente di aspetto rudimentale, ma si ricollegano l’una a l’altra formando nuove visioni che riconducono a certe realizzazioni  surreali sulla scia di Magritte. Il montaggio dell’insieme dei video, riprende invece gli aspetti del cinema delle origini, come alcuni film di Georges Méliès. I suoi video sono ripresi tratto dopo tratto, lasciando inalterato il foglio su cui lavora, anche dopo diverse cancellature fino a quando lo spazio bianco  non diventa saturo di grafite e sfumature. Infatti rispetto all’animazione classica, Kentridge utilizza pochissimi fogli, ma apportando sopra, con l’uso del carboncino e cancellature, tutte le sequenze necessarie a realizzare questi video, definiti dall’artista “Drawing for Projection”. Tutti film non parlati ma accompagnati da raffinate musiche, spesso riprese da canti popolari sudafricani.La maggior parte dei video di Kentridge narrano la vita di due personaggi principali, protagonisti di quasi tutta la sua opera: Soho Eckstein, uomo d’affari avido e senza nessuno scrupolo, grande,  grosso e in genere con un vestito gessato, padrone di un impero edilizio, e Felix Teitlebaum, dall’animo decisamente romantico e solitamente ritratto nudo ed assorto nei suoi pensieri. 
Nel video che vi proponiamo, invece, vediamo come è Soho ad essere solitario e pensieroso. Notiamo come, penetrando con TAC e raggi X il suo cervello, prendono vita tutte le sue atrocità commesse in passato , conducendolo  lentamente ad una nuova azione introspettiva. 



                                                                                                               R. Vindigni
                                                                                                                                                                                                                            Bibliografia: William Kentridge a cura di F. Bonami