Street art è il nome dato dai media per definire
l'arte che si svolge, legalmente o illegalmente per strada, con l'ausilio delle
tecniche più disparate.
A quasi 30 anni dalla sua comparsa questo fenomeno
socio-culturale ha provocato una particolare rilevanza sulla creatività
contemporanea, apportando numerose influenze sulle arti visive di tutto il
mondo. E un graffito non è certo un quadro o una fotografia che una persona può
portarsi a casa proponendolo solo ad amici e parenti oppure pagando un
biglietto per essere visionato in un museo, perché è sotto gli occhi di tutti,
e sono davvero numerosi gli spettatori di strada che può vantare.
Quando un
“disegno” presenta un tema direttamente traducibile da qualsiasi comunità sociale,
allora l'artista ha raggiunto la comunicazione desiderata.
Il nome più diffuso della street art porta il marchio
di Banksy. Attivo tra Bristol e Londra dai primi anni del 2000,
conosciuto in tutto il mondo per i suoi graffiti, mantiene ancora nell'anonimato
la sua vera identità. Così mentre tutti tentano di essere famosi e conosciuti,
lui riesce a nascondersi nell'ombra.
Le sue opere realizzate con la tecnica
dello stencil sono spesso a sfondo satirico e trattano argomenti di politica,
cultura ed etica.
I Rats sono una serie di graffiti raffiguranti dei
topi intenti in solite azioni umane e con diversi cartelli e simboli di pace e
anarchia. Questi sono iniziati ad apparire intorno agli anni '70 nella città di
Bristol, per poi trovarli sui muri delle più grandi città, come Londra, Parigi,
New York.
Tra i suoi murales più famosi troviamo la scena con gli
attori di Pulp Finction che stringono delle banane al posto delle
pistole, i due bobbies gay che si baciano in un angolo di strada o il
manifestante imbavagliato che è pronto a lanciare un mazzo di fiori
piuttosto che una bomba. Tutti trattano una politica anti-guerra, enneggiando
alla pace e all'amore.
Sulla stessa linea troviamo anche i graffiti realizzati in Cisgiordania, sulla barriera di separazione israelita, dove attraverso l'uso di diverse tecniche, Banksy realizza dei tromp l'oeil creando degli “squarci” che permettono di vedere cose c'è dall'altra parte della barricata o riproduce la sagoma di una bambina attaccata a dei palloncini che vola in alto proprio con l'intenzione di varcare questo muro.
Decisamente spietato si è dimostrato nei confronti del
merchandising più imponente, prendendo dei grandi marchi conosciuti per
ridicolizzarli con la loro stessa pubblicità. In questo modo troviamo come
dalla foto di Nick Ut nota come “Napalm Girl”, la bambina che in quel caso si
allontana nuda e devastata da un attacco in Vietnam qui viene accompagnata per
mano dai volti sorridenti di Topolino (simbolo dell'industria Walt Disney) e
del pagliaccio (simbolo di MacDonald). Con la sagoma dei prodotti di
quest'ultimo colosso alimentare troviamo anche un cavernicolo che in
tutta tranquillità si allontana per consumare il suo pasto.
La sigla di un episodio dei Simpson, che vede la sua
prima uscita nell'Ottobre del 2010, porta la sua firma. Infatti Banksy disegna
lo storyboard e dirige la famosa “scena del divano” che si trova in ogni
puntata del cartone. Nella prima parte si svolge in maniera piuttosto consueta,
ma è nella seconda che l'artista ci fa vedere quello che accade dietro le
scene: disegnatori e lavoratori asiatici e specie animali protette, producono
in condizioni disumane le scene e i gadget dei personaggi. La sequenza mostra
infatti, provocatoriamente, immagini dello sfruttamento della manodopera minorile
e della violenza sugli animali. Ad
esempio i pupazzetti che raffigurano Bart Simpson hanno un involucro ricavato
dalla triturazione dei gatti. Il tutto si conclude con la celebre immagine Fox
che troviamo all'apertura di diversi film trasformato però in carcere di
sicurezza. Questi disegni ovviamente provocarono molta indignazione ai
cittadini americani.
Rafael Vindigni
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