domenica 30 gennaio 2011

Psike intervista Rafael Vindigni

Continuiamo nel nostro giro di interviste, oggi conosciamo meglio Rafael Vindigni, pittore di origine siciliana, ma ormai stabile a Firenze.

A lui la parola!

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Tutto si spiega. E’ un modo di dire, un intercalare dialogativo quando tasselli disparati confluiscono in un insieme che assomiglia ad un tutto. Hai mai avuto questa sensazione all’inizio o durante il tuo percorso artistico?

Da piccolo preferivo più disegnare che mettermi a studiare storia. Col tempo avevo perso questa passione, forse a causa dell'incompetenza di qualche insegnante, per poi ritrovarla dopo qualche anno, insediata sempre più a fondo. In realtà non riesco a spiegarmi perchè ad un certo punto ho sentito l'istinto di mettermi a disegnare, e perchè mi dà forza mettere del colore su una tela o graffiare con una matita su un foglio. Certi tasselli sistemati dal destino forse non sono casuali. Molte cose non sono messe lì a caso. Molte cose accadono perchè devono. Ma non ho la concezione dell'insieme. Non ancora almeno.


Doveva essere un re, invece è un fante. Non è una domanda, ti chiedo un’interpretazione libera.

Per ricoprire certi ruoli, ci si aspetta in genere che sia, per un qualche diritto di selezione naturale, un certo personaggio, una certa figura, che per gerarchia risulta essere in vetta ad una scala, dove valori come denaro e potenza, sono le uniche cose a poter contare, a valere. Persone magari che godono di una certa stima in società, solo perchè possono servire da trampolino di lancio per altri. A sorpresa invece, ecco spuntare da dietro, lentamente, con lo sguardo fiero e stanco, chi si è formato sulle proprie spalle, arrancando magari qua e là per un lavoro che gli permettesse di condurre avanti il proprio sogno, senza dover chiedere niente a nessuno e senza il bisogno di prostituirsi per prestazioni guadagnate illecitamente. Mi piace pensare che sia quel Fante a condurre la battaglia, proprio perchè ne ha le capacità, e non un Re impedito sistemato lì da qualcuno prima di lui.


L’opera a cui assomigli, tua o di qualsiasi altro artista.

Come ho già detto, credo tanto nel destino e nel soprannaturale, ecco perchè certi quadri metafisici mi conducono a quella strana sensazione che ritrovo in alcuni momenti.
Forse Le muse inquietanti di De Chirico (che è stato anche il primo dipinto che ho riprodotto) presentano una parte della mia persona che non conosco bene neanch'io, ma che di certo viene fuori in particolari momenti di meditazione o di solitudine.
Ecco, credo proprio che mi piacerebbe essere sistemato tra quei manichini un giorno o l'altro. Magari a mangiare un biscotto metafisico!


martedì 25 gennaio 2011

Psike intervista Chiara Fersini

Ci avviciniamo  a grandi passi all'inaugurazione dell'esposizione "La differenza tra l'inferno e il paradiso è nell'uso dei cucchiai".  Tutte le informazioni inerenti tempi e luogo le troverete cliccando qui
  
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Abbiamo pensato di presentare e conoscere meglio attraverso un'intervista composta di tre domande, i sei artisti che esporranno una loro opera durante la mostra.

Partiamo con Chiara Fersini, in arte Himitsuhana, fotografa, anche se lei non si definisce così.

"Non sono una fotografa nel vero senso del termine, sia perché sono un'autodidatta sia perché per me una foto è solo un punto di partenza. Non mi interessa rappresentare né documentare la realtà; cerco piuttosto di esprimere attraverso me stessa le mille sfaccettature che assume l’animo umano. Ma la fotografia è per me anche qualcos’altro: è un modo per capire e affrontare la mia personalità multiforme che a volte è un fardello davvero pesante da portare. Credevo che la fotografia fosse per me una passione. No. Non lo è. Non è un hobby, né una passione. La fotografia è la mia cura."


Tutto si spiega. E’ un modo di dire, un intercalare dialogativo quando tasselli disparati confluiscono in un insieme che assomiglia ad un tutto. Hai mai avuto questa sensazione all’inizio o durante il tuo percorso artistico?

Sì, è una sensazione che mi capita spesso di avvertire quando creo le mie immagini. A volte parto da un abbozzo di idea senza sapere bene dove questa mi porterà e quale sarà il prodotto finito. E' in questi momenti che sento quella particolarissima sensazione come di essere assorbita nel processo creativo, come se non fossi io a creare ma l'immagine che crea se stessa. Alla fine guardo il risultato e molte volte mi stupisco di come sia arrivata lì, della facilità con cui l'idea ha preso vita. Ne è un esempio questa foto.


Doveva essere un re, invece è un fante. Non è una domanda, ti chiedo un’interpretazione libera.

Se dovessi scegliere a quale delle due categorie appartenere sicuramente sceglierei il fante.
Quando si è consapevoli della propria natura e si sceglie la propria strada con convinzione un fante può certamente diventare un re. Il problema è quando ci si riveste di un ruolo fittizio che non ci appartiene, di un costume che ci protegge dal vedere quello che siamo realmente e ci porta a vivere una vita non nostra.


L’opera a cui assomigli, tua o di qualsiasi altro artista.

Le mie foto sono prevalentemente autobiografiche quindi direi che c'è un pò di me in ognuna di esse, ma se dovessi pensare a un vero autoritratto sicuramente sarebbe questo. E' un ritratto molto intimo e non perché sono svestita ma perchè ho scelto di ritrarre la parte di me con cui ho più fatica a rapportarmi.

venerdì 21 gennaio 2011

L'ispirazione aspirata


Dopo una lunga e coraggiosa vita, un valoroso samurai giunse nell'aldilà e fu destinato al paradiso.
Era un tipo pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un'occhiata anche all'inferno.
Un angelo lo accontentò.
Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi di pietanze succulente e di golosità inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt'intorno, erano smunti, pallidi, lividi e scheletriti da far pietà.
"Com'è possibile?" - chiese il samurai alla sua guida -"Con tutto quel ben di Dio davanti!"
Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi attaccati alle braccia. Tutti potevano raggiungere il cibo, ma poichè il manico era più lungo del braccio non potevano accostarlo alla bocca.
Il coraggioso samurai rabbrividì.
Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi neppure una briciola sotto ai denti.
Non volle vedere altro e chiese di andare subito in paradiso.
Qui lo attendeva una sorpresa.
Il paradiso era un salone assolutamente identico all’inferno!
Dentro l’immenso salone c’era un’infinita tavolata di gente seduta davanti ad un’identica sfilata di piatti deliziosi.
Non solo: tutti i commensali erano muniti degli stessi cucchiai lunghi più di un metro, legati all’estremità per portarsi il cibo alla bocca.
C’era una sola differenza: qui la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia.
“Ma com’è possibile?”, chiese stupito il coraggioso samurai.
L’angelo sorrise:
“All’inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché così si sono sempre comportati nella loro vita. Qui al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino”.
Paradiso e inferno sono nelle tue mani.
Oggi.

lunedì 17 gennaio 2011

La differenza tra l'inferno e il paradiso è nell'uso dei cucchiai

Il concetto è ampio e criptato in una frase degna di un surrealismo di altri tempi. Non importa però scavare o andare a cercare il lembo del velo ch copre una qualche nuova conoscenza, sotto il filo d’acqua che le opere nella loro sinergia rappresentano si delinea una delle verità del nostro muoversi sociale, come animali che si arrangiano a vivere nelle proprie assurdità.
"La differenza tra l'inferno e il paradiso è nell'uso dei cucchiai" è una esposizione  organizzata dal gruppo Psike, nuova realtà artistica del territorio fiorentino. E’ una collettiva a cui parteciperanno artisti provenienti da diverse parti d’Italia.  Diverse anche le forme di espressione artistica con cui ognuno ha raccontato la propria parola chiave: pittura, video, fotografia.
Sei le parole chiave per questa  favola sull’umano vivere, sei gli artisti che espongono (Chiara Fersini, Keziat, Fidia Falaschetti, Francesco Gallo, Marco Pieraccini, Rafael Vindigni), sei i giorni di apertura dello spazio.

Per l’inaugurazione è prevista una performance teatrale a cura della compagnia artistica Alibi Secondo “Chiedimi la chiave che mondi possa aprirti”.

Inaugurazione 28 gennaio 2011 ore 20.00 - 23.00
Ingresso gratuito

Presso: Studio Machina
Via Fra Domenico Buonvicini 46/48
50132-Firenze

Orari e giorni  apertura:
venerdì 28 gennaio e 4 febbraio  2011   20.00-23.00
sabato e domenica 29-30 gennaio  5-6 febbraio 2011   17.00 – 21.00


e-mail: psike.firenze@gmail.com
Curata da: Gruppo Psike

mercoledì 5 gennaio 2011

Habituale Grace - Jo Schwab


Questa serie di immagini in continua evoluzione racconta della bellezza femminile senza costrutti né ritocchi di alcun genere.
Le immagini di Jo Schwab sono vere, autentiche.
L'autore riesce a raccontare l'intimità dell'universo femminile più comune, amiche, conoscenti, madri e sorelle. Vicine di casa o colleghe di lavoro. Questi sono i soggetti preferiti dall'autore, nessuna modella anoressica, nessuna banalità.
Gli sguardi sono pieni di fierezza, disinvolti eppure insicuri. Distanti e pure bellissimi. Uno sfondo neutro e un magistrale utilizzo della luce permette di esprimere al meglio la forza del bianco nero enfatizzando ogni dettaglio, costringendo lo sguardo a scorrere sulla pelle dei soggetti, alla ricerca delle imperfezioni che caratterizzano ogni corpo.
Le donne ritratte sono nude o indossano pochi indumenti eppure non contengono in alcun caso erotismo o volgarità. Il dettaglio di un reggiseno, un piercing che buca un capezzolo oppure un tatuaggio restano solo dettagli di contorno, la nudità dei soggetti ritratti rimane puro documento di unicità. Seni enormi e smagliature non risultano mai fastidiosi ma caratterizzano l'identità. Infatti e proprio da queste piccolezze che viene lasciata all'osservatore la possibilità di percepire, seppur in maniera infinitesimale, un brandello dell'infinito universo femminile che chiamiamo Donna.





















Francesco Gallo
IMG: J. Shwab