martedì 25 gennaio 2011

Psike intervista Chiara Fersini

Ci avviciniamo  a grandi passi all'inaugurazione dell'esposizione "La differenza tra l'inferno e il paradiso è nell'uso dei cucchiai".  Tutte le informazioni inerenti tempi e luogo le troverete cliccando qui
  
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Abbiamo pensato di presentare e conoscere meglio attraverso un'intervista composta di tre domande, i sei artisti che esporranno una loro opera durante la mostra.

Partiamo con Chiara Fersini, in arte Himitsuhana, fotografa, anche se lei non si definisce così.

"Non sono una fotografa nel vero senso del termine, sia perché sono un'autodidatta sia perché per me una foto è solo un punto di partenza. Non mi interessa rappresentare né documentare la realtà; cerco piuttosto di esprimere attraverso me stessa le mille sfaccettature che assume l’animo umano. Ma la fotografia è per me anche qualcos’altro: è un modo per capire e affrontare la mia personalità multiforme che a volte è un fardello davvero pesante da portare. Credevo che la fotografia fosse per me una passione. No. Non lo è. Non è un hobby, né una passione. La fotografia è la mia cura."


Tutto si spiega. E’ un modo di dire, un intercalare dialogativo quando tasselli disparati confluiscono in un insieme che assomiglia ad un tutto. Hai mai avuto questa sensazione all’inizio o durante il tuo percorso artistico?

Sì, è una sensazione che mi capita spesso di avvertire quando creo le mie immagini. A volte parto da un abbozzo di idea senza sapere bene dove questa mi porterà e quale sarà il prodotto finito. E' in questi momenti che sento quella particolarissima sensazione come di essere assorbita nel processo creativo, come se non fossi io a creare ma l'immagine che crea se stessa. Alla fine guardo il risultato e molte volte mi stupisco di come sia arrivata lì, della facilità con cui l'idea ha preso vita. Ne è un esempio questa foto.


Doveva essere un re, invece è un fante. Non è una domanda, ti chiedo un’interpretazione libera.

Se dovessi scegliere a quale delle due categorie appartenere sicuramente sceglierei il fante.
Quando si è consapevoli della propria natura e si sceglie la propria strada con convinzione un fante può certamente diventare un re. Il problema è quando ci si riveste di un ruolo fittizio che non ci appartiene, di un costume che ci protegge dal vedere quello che siamo realmente e ci porta a vivere una vita non nostra.


L’opera a cui assomigli, tua o di qualsiasi altro artista.

Le mie foto sono prevalentemente autobiografiche quindi direi che c'è un pò di me in ognuna di esse, ma se dovessi pensare a un vero autoritratto sicuramente sarebbe questo. E' un ritratto molto intimo e non perché sono svestita ma perchè ho scelto di ritrarre la parte di me con cui ho più fatica a rapportarmi.

2 commenti:

  1. Guardando il tuo autoritratto, sempre più forte mi riaffiora alla mente "Pubertà" di Munch. Forse lo sguardo distolto dall'osservatore, forse l'atmosfera, forse i colori utilizzati...

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  2. Adoro i suoi colori!

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