Denis Rouvre, ritrattista francese di fama internazionale, ci offre “Low Tide” - “Bassa Marea” , un reportage di forte impatto visivo ambientato in Giappone.
Fukushima, la più grande tragedia ecologica e umana che il Giappone abbia conosciuto dalla seconda guerra mondiale ha attirato l’attenzione di Denis Rouvre che ha visitato una ventina di villaggi nella regione di Thoku, dove lo tsunami ha devastato 600 chilometri di costa e dove gli abitanti hanno perso tutto.
Lì, Rouvre, è andato a fotografare semplicemente ciò che vedeva, senza scopi precisi, per una memoria visiva piuttosto che per una ricerca del paesaggio.
Il progetto nasce con l’ intento di fotografare nello specifico tutti i desolati paesaggi del dopo catastrofe, ma proprio scattando quelle immagini che l’autore comincia a farsi domande sulla popolazione sopravvisuta alla tragedia.
Ed è proprio qui che comincia il “ secondo “ capitolo del progetto, riprendere I volti di chi è rimasto. Poche persone, dice l’autore, hanno accettato di farsi ritrarre, poichè la diffidenza è piuttosto consueta nella cultura giapponese, soprattutto dopo un disastro di simile entità. Quando Rouvre si prepara per il ritratto resta solo nella stanza con il suo soggetto, perché con la presenza di altre persone potrebbe non ottenere mai la foto che desidera. La relazione che lui cerca di instaurare per ottenere il giusto ritratto è molto diretta: si tratta di soli due minuti, ma intensi, trascorsi quasi in silenzio.
“Del resto non poteva esserci molto dialogo, perché eravamo troppo diversi, troppo distanti, non c’era niente in comune tra noi, ma il silenzio permetteva alle persone di concentrarsi. Se non ottieni la foto in quei due o tre minuti allora non l’otterrai mai perché significa che in fondo il soggetto non vuole dartela davvero.”
I volti che ha ritratto mostrano una dignità di fronte a ciò che è accaduto, e per evidenziarla ha scelto un”illuminazione piuttosto basica, essenziale, ottenuta con un solo punto luce, e piazzata giusto di fronte al soggetto.
Dietro ogni fotografia c’è un silenzio, un tempo che ci dice semplicemente che c’è stato un prima e che noi siamo il dopo. Che il prima è scomparso definitivamente, che non vi avremo più accesso e che resterà l’immagine, e solo quella.
Francesco Gallo