“La rivoluzione non è un
pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo, non
si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta
grazia e cortesia, la rivoluzione è un atto di violenza.”
Questo è solo uno dei motti di Mao Tse Tung negli anni della sua Rivoluzione Culturale in Cina. Anni 1950-1970 per intenderci. Libretto Rosso per intenderci. Usare il popolo per combattere guerre interne al partito anche, ma questo è un altro discorso, adatto agli appassionati di storia.
Chissà quanto questa e altre direttive ideologiche hanno poi influenzato Yue Minjun e le sue opere. A mio parere, a parere di tutti, perfino dell'artista, ne sono la matrice basilare. Noi occidentali, delle idee del maoismo ne abbiamo poi fatto piccoli fuochi fatui di pensiero nel 1968.
Yue Minjun, nato nel 1962 proprio nei favilli propagandistici di Mao, ormai è conosciuto in tutto il mondo per le sue opere che rappresentano questo o questi volti sorridenti all’estremo.
Nel suo caso si può sostituire la parola rivoluzione con la parola risata.
Proviamo.
Si violenza. Ed è divenuta sempre più espressione di violenza nella maturazione della sua ricerca artistica dagli anni ’80 (in cui i soggetti rappresentati erano amici sempre sorridenti rappresentati in modo realista, con un’indole al fumettistico che va collegata ai manifesti propagandistici di quel periodo in Cina), agli anni ’90 ( quando inizia ad usare come unico soggetto il suo autoritratto conservando il realismo delle forme e dei colori), proseguendo poi il suo lavoro deformando i rapporti col reale: bocche enormi e spalancate, denti sovrastimati, occhi chiusi, strizzati, cambia il colore della pelle che diviene ancora più reale.
Gli ultimissimi lavori del 2012 ripropongono sempre il suo ritratto, ma
deturpato alla Bacon.
Yue Minjun spiega così la sua
scelta del sorriso: “Per la cultura cinese sorridere è segno di gentilezza e
d’accoglienza, in Cina c’è una lunga tradizione del sorriso. C’è il Maitreya
Buddha che predice il futuro e la cui espressione è il sorriso. Normalmente si
dice che si deve essere ottimisti e sorridere alla realtà . Durante il periodo
della Rivoluzione Culturale c’erano dipinti sullo stile dei poster sovietici
che mostravano persone sorridenti, ma ciò che è interessante è che ciò che si
vedeva in queste immagini era quasi sempre l’opposto della realtà”.
Ed ecco che lui ne crea una
parodia, ironizzando su se stessi e sui processi di massificazione, l'omologazione forzosa di idee, gusti e opinioni in tutti i campi intellettivi, pratici , di stile di vita insomma. Mettendo in scena il proprio volto, maschera di ognuno, ci fa riflettere su quanto è
importante conservare la nostra individualità e la nostra libertà di pensiero
ed espressione.
Vorrei concludere con alcuni
aforismi perché spesso la parola accostata all’arte figurativa aiuta una
riflessione più profonda e più caleidoscopica.
Chi ha il
coraggio di ridere, è padrone del mondo. Come chi ha il coraggio di
morire - G. Leopardi
Si conosce
un uomo dal modo in cui ride - F. Dostoevkij
Il
riso è il profumo della vita in un popolo civile - A. Palazzeschi
Credo che
il ridere sia il vero segno della libertà - R. Claire
Fate attenzione agli uomini che
non ridono, sono pericolosi - Giulio
Cesare
In
nessun caso è tanto facile essere indotti al riso come quando si è tristi - Cartesio
E soprattutto nel caso di Yue Minjun trovo le parole di W. Goethe molto
appropriate:
Nulla rileva meglio
il carattere degli uomini di ciò che essi trovano ridicolo.