domenica 10 novembre 2013

Corpus Hominis: quattro sguardi sotto l’epidermide


Dettagli

Cominciamo dall’inizio. La doppia vetrina della Galleria Simultanea si affaccia su una Via San Zanobi abbastanza movimentata. Firenze ha il suo bel traffico di motori, piedi e volti.

La mostra attualmente allestita nelle tre stanze della galleria si intitola Corpus Hominis – il corpo dell’uomo – e sarà visitabile fino al 13 Novembre 2013.
A curarne la selezione degli autori e delle opere, come l’allestimento, sono stati Alessio Santiago Policarpo e Carina Hörner.
Pareti bianche d’intonaco e una cassa in legno, nessun altro orpello, si lascia così alle opere il meritato spazio per essere guardate e studiate. L’illuminazione è buona e questa è una cosa che apprezzo sempre molto in un’esposizione.
Corpus Hominis, un titolo che riporta in maniera diretta al Corpus Domini, la solennità che celebra la reale presenza di Cristo nell’eucarestia. Gesù è lì, nell’ostia data ai fedeli. Quindi anche l’Uomo, l’essenza più profonda dell’umanità risiede lì, in queste opere che contengono il nostro corpo.
La mostra è una collettiva di giovani artisti che nelle loro opere hanno rappresentato l’ancestrale dialettica tra materia e spirito, corpo e anima, attraverso ricerche individuali e artistiche molto differenti, sia nei messaggi che scaturiscono dalle loro opere, sia per le diverse tecniche usate.
Si passa dai dipinti di fumo su vetro o plexiglass di Giovanni Serafini, alle polaroid di Azzurra Guerrini, dal dipinto di Edoardo Figara, con tutto lo studio di bozzetti precedente l’opera, fino alle incisioni di Lucrezia Traversi.
Si sa, è cosa nota, il corpo è sempre stato al centro delle arti visive fin dalla notte dei tempi. Esso è il centro stesso dell’esperienza creativa, sia nella ricerca della riproduzione manieristica, nel senso di una ricerca della perfezione formale, sia come movimento verso la trascendenza e il superamento dei limiti stessi della corporeità. Ancora oggi vedo che è così.
Come dicevo all’inizio, cominciamo dall’inizio.


Nella prima sala troviamo le opere di Giovanni Serafini, giovane artista, ricercatore in Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Siena e appassionato di psicologia junghiana e teologia cristiana: tre pannelli in plexiglass (Esaltazione;Speranza; Pazienza, 2011) e uno in vetro (Autos Galeotto, 2011). Nudi maschili creati con una tecnica molto interessante: le immagini sono impresse su queste superfici trasparenti con l’annerimento che provoca il fumo di candele o accendini. L’effetto liquido ricorda la china, ma è a livello sia di risultato che di contenuto che il lavoro del Serafini acquista spessore e valore. L’effetto ottenuto ricorda in maniera chiara l’uso delle ombre del Caravaggio e i soggetti ritratti, oltre ad essere riconducibili ad autoritratti, hanno netti richiami a temi classici come San Sebastiano e il sileno Marsia, scuoiato per la sua superbia dal Dio Apollo.
Le immagini sono disegnate con precisione, quasi come impresse su carta fotografica lungamente esposta.



Il tema del “due” che l’artista concettualizza nella sua opera è legato alla figura umana e si riconduce a un esistenzialismo di radice cattolica: la fragilità della bellezza della vita umana, degli affetti, della materia; la lacerazione tra l’abisso del nichilismo e l’impossibilità di afferrare l’idea del divino; la vanità delle apparenze, quasi sempre punite.
Ma è nella tecnica usata che mi piace soffermarmi, nella sua unione tra realizzazione, metodo e significato nascosto. L’annerire col fumo una superficie trasparente, riconduce al bruciare delle nostre energie umane verso la realizzazione di un ruolo, di una identità che si vede poi limpidamente all’esterno con le sue macchie e le sue luci. Un disegnare se stessi su una tavola spirituale che poi mostreremo agli altri e a Dio. Rimangono spazi bianchi che abbagliano e oscurità che cancellano virtù e alimentano il mistero della nostra complessità umana.





Salendo un gradino arriviamo nella seconda sala, sui muri intonacati di bianco la serie di polaroid “ Corpi e Anticorpi” e il collage fotografico “Ermafrodito” di Azzurra Guerrini, ventitreenne studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.
“Ermafrodito”, a colpo d’occhio, è il primo che cattura l’attenzione. Due corpi uno maschile, fotografato di spalle, e uno femminile, fotografato frontalmente, montati a costruire un unico corpo senza testa né gambe. L’effetto di corpo unico è molto riuscito: i due modelli ritratti sono gemelli, con tratti fisici quindi simili. L’intento dell’artista è trasmettere quel senso di doppia sessualità che ormai caratterizza la nostra formazione sociale dopo la perdita dei ruoli classici dell’era pre-moderna. 

La convivenza in ognuno di noi di entrambe le caratteristiche tipiche di genere che vivono in un equilibrio costruito incollando e conoscendo il dettaglio. La serie di “Corpi e Anticorpi” è composta da due fotografie di maggiori dimensioni che ritraggono un corpo maschile di schiena, che ricorda lo studio sui corpi di Mapplethorpe, ma con una particolare intensità sulle mani che sembrano riprese su un altro piano; e un corpo di donna, frontale, sensuale, in cui i dettagli della stampa sono molto ben definiti.
Interessanti anche le altre polaroid della stessa serie, di dimensione più piccole, in cui un corpo nudo di donna di sposta su un letto con lenzuola bianco, non occupandolo mai totalmente, anzi conquistando angoli con solo particolari, ginocchia, sedere o schiena. La Guerrini racconta la sua poetica come un percorso turbolento e irrequieto iniziato durante l’adolescenza e che l’ha portata a non aver nessun preconcetto sulla nudità, la quale da lei è considerata più che un’idea di ricerca di bellezza, una ricerca di cose che destano interesse 
oltre le esacerbate volgarità e ovvietà che ci circondano.

Adesso attraversiamo la porta senza porta ed eccoci nell’ultima stanza che ospita i lavori di Lucrezia Traversi e di Edoardo Figara.



Lucrezia Traversi
, pittrice fiorentina ventiduenne espone tre suoi lavori: un dipinto e due incisioni. Il dipinto“Belladonna” ritrae una donna sinuosa, sensuale e carnale che svela nella sua nudità un arcano pericolo. L’essenzialità del corpo corrisponde ad un veicolo che talvolta inganna e si/ci nasconde. Il titolo di quest’opera richiama una pianta usata in omeopatia per scopi curativi, ma che nella sua forma naturale è velenosa, anzi letale. Le due incisioni “Lo spettro” e “La nascita di Venere” dimostrano le competenze tecniche dell’artista. In “Lo Spettro”, una figura femminile parzialmente nuda, quasi incorporea, si mostra coperta da uno scudo quasi deformato dal soffio vitale che scaturisce dall’anima umana della donna. Lucrezia Traversi presenta, a differenza degli altri due artisti per ora presentati un lavoro più classico. Ella ritiene che l’arte sia un concetto universale e condiviso prima che personale. I suoi lavori sono frutto di pensieri e visioni che trovano forma nell’arte classica, rinascimentale e barocca.




E poi sulla parete di fronte, il quadro – acrilico su juta – di Edoardo Figara, grossetano studente all’Accademia di Belle arti di Roma.
Crocifissione opera ideata e creata specificatamente per questa mostra. I richiami nella tecnica alfuturismo, svuotato dalla concettualità ideologica di quel movimento, ma presente nel tratto e l’ispirazione ai volti taglienti di Francis Bacon sono ben mescolati a una componente ideativa e di realizzazione personale. Un bacio conturbante che due individui si scambiano proprio all’altezza dei genitali della figura principale crocifissa senza chiodi. Quasi auto-immolata. L’artista lontano dal voler provocare o scandalizzare, rappresenta la corporalità in due suoi sentire antitetici: il dolore e il piacere. Molto interessante la serie di bozzetti dello studio al dipinto: lupi-angosce da cui fuggire, contraendo il corpo, particolari di muscoli o di 
posizioni sessuali.



Ok, adesso esco. Torno nel buio del pomeriggio, nei fari, nelle luci arancioni e verdi, nel groviglio di corpi in movimento verso un qualcosa, un obiettivo che sia anche solo se stessi. C’è rumore fuori. Dentro era tutto così silenzioso.
Poi penso: “Ogni artista riesce a creare, partendo da una similare base genetica di neuroni sensitivi recettivi, unici immaginari di visione e percezione sulle cose del mondo. Elabora informazioni comuni a tutti per estraniare un senso altro. Spesso non visto."
Quante storie che conoscono i corpi degli uomini.




Maruska Nesti



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