martedì 26 aprile 2011

Psike intervista Enrica Berselli


Ogni artista che "crea" si inspira o prende spunto da qualcosa di specifico , proveniente da quello che lo circonda o dal suo passato. Qual'è il tuo processo artistico?
Ogni mia opera pittorica si origina da una ritualità costruita in modo iperpersonale sulla mia psiche, concretizzata in un atto performativo e fissata indelebilmente sulla tela, che diviene un unicum, reliquia di una sorta di rito di passaggio incentrato ad esempio sulla medicalizzazione della mente, sulla reazione al dolore, sulla rigenerazione.

Cosa pensi dell'arte contemporanea che abbiamo al momento in Italia? Ci sono artisti in particolare che ti stimolano?
Mi sento più vicina emotivamente alle realtà esterne al mio ambito artistico; al teatro contemporaneo, come Valdoca o Motus, al fumetto d'autore, a certa letteratura, forse per la mia formazione universitaria, alla ricerca nell'ambito della moda e della musica attuale. Forse cerco nella pittura onestà e trasparenza nel mettersi a nudo che difficilmente trovo in ciò che mi circonda.

Come si nota dai tuoi lavori, c'è una certa differenza stilistica tra i disegni e le pitture, anche se i concetti rappresentati seguono lo stesso filo logico. Ti senti però, più vicina alle forme ad inchiostro o a quelle ad olio? Come riesci a coniugare contemporaneamente le due tecniche?
I disegni a rapidograph sono più liberi ed onirici delle tele, sono aggregazioni magmatiche in cui ciò che è fisicamente dentro il corpo collide armonicamente con forme che ad esso non appartengono; sono bozzoli in evoluzione, dall'erotismo sottile, senza volto e senza memoria. Con la mia pittura hanno in comune moltissimo: l'ossessione per le forme anatomiche, la frammentazione corporea, una certa claustrofilia, la trama dell'opera che a distanza ravvicinata appare come una rete di cellule e microrganismi. I disegni sono meno personali, sono le infinite possibilità dell'essere; ciò che è rappresentato sulla carta non può esistere se non come fertile sfogo della mia mente.

Preferisci lavorare spesso su dei frammenti di corpi o su scorci ravvicinati, questo soprattutto nelle pitture, e di sovente sono personaggi al limite delle proprie condizioni fisiche o in situazioni scomode. Da cosa prendi spunto per questi soggetti e che tipo di messaggio vogliono consegnarci?
La frammentazione corporea presente in tele e in disegni richiama la perdita di contatto con le proprie membra e con la fisicità nella sua interezza. L'essere estremamente cerebrale, proprio di me come di molti nella società contemporanea, può portare ad un indebolimento della propria consapevolezza enterocettiva, della capacità di percepire i propri bisogni e di rispondere ad essi in modo adeguato; questo per me comporta una frattura fra un'istintualità ed un'organicità soffocate eppure richiedenti attenzione ed il controllo e l'esercizio mentale puro.
Le situazioni limite in cui il corpo si cala sono proprie dei rituali iniziatici: il pericolo e il dolore fisico contestualizzati all'interno di un atto performativo dal valore per me profondamente simbolico caratterizzano lo spazio temporale e sacrale della prova, scisso dal tempo della routine quotidiana, a cui ritornare poi con una nuova consapevolezza di sé.

Nei disegni mi sembra di notare un rapporto tra uomo e vita vegetale. C'è una connessione particolare per te tra questi due mondi?
Nei miei disegni la provenienza reale di ogni elemento si perde e si annulla nel tratto libero da una progettualità definita: sono affascinata da come ad esempio una forma che nella mia mente ricorda i capillari linfatici si trasformi in corso d'opera in ramificazioni o nei tentacoli di un'attinia: L'osmosi con ogni altro organismo, la perdita dei propri confini corporei, la pulsione panica, sono così portate alle estreme ed immaginifiche conseguenze.

Che obiettivi ti poni per il futuro? C'è qualche esposizione o evento in particolare che avresti voluto realizzare ma non ne hai mai avuto modo?
Nell'immediato futuro c'è il progetto ancora in fieri di una sorta di graphic novel che concili alcuni miei racconti con l'universo metamorfico dei miei disegni. Per quanto concerne la pittura, da tempo mi piacerebbe dare forma concreta ad una installazione di mie opere all'interno di un contesto di reperti pregni di memoria e suggestione, provenienti da un luogo di internamento psichiatrico altrimenti destinato ad essere conosciuto solo da pochi "temerari".




Zeboim;
Coscienza in vitro;
Ex voto MMVII dominio di lotta

5 commenti:

  1. Le pitture di Enrica sono molto ricercate, ma i disegni hanno una libertà maggiore che lascia spazio ad una più ampia immaginazione.

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  2. Le trovo delle opere ben fatte anche se un pò troppo accademiche,poco spontanee insomma... Manca del tutto l'istinto..

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  3. Ti invito a dare un'occhiata anche ai lavori che trovi sul suo sito Antonin, anche perchè le opere di Enrica subiscono necessariamente quella perdita di spontaneità a scapito del dettaglio ricercato e del concettualismo evidenziato dalle forme...

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  4. Personalmente mi hanno colpito molto di più i disegni a china, i dipinti li trovo cupi.

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  5. PARTICOLARI MINUZIOSI,FRAMMENTI CORPOREI DELL'INFINITO IO....CHE SOVRASTA E IQUIETA.
    Brava Amelia

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